Biagio Antonacci a KKI: “Continuo a stupirmi e a ripetermi che sono ancora famoso. Grazie all’amore del mio pubblico!”

Tour, nuovo singolo e grande bagno di folla:  Biagio Antonacci è tornato ad esibirsi daL vivo facendo registrare sold out ovunque, COME AL Palasele di Eboli. Ne abbiamo parlato con lui, ospite a Radio Kiss Kiss Italia

Sara: benvenuto Biagio, come stai?

Biagio: ciao a tutti, bene, avevo proprio voglia di esserci, io vi seguo sempre. La cosa più bella da fare per un  artista è cercare la tua canzone in radio, vi ringrazio perché so che mi trasmettete con amore.

S: sei reduce da una bellissima serata

B: la gioia più grande è vedere ai miei concerti ragazzi e ragazze che non erano ancora nati e che mi ascoltano perché mi ascoltavano i loro genitori. Quando vedi questo amore allora capisci che tutto ha avuto un senso, perché il successo quando accade non lo mastichi bene, fai analisi che non sono logiche pensi che sia una cosa passeggera. Ma negli anni ti accorgi che ha funzionato. Io dico sempre ai concerti: “Funziona solo se stiamo insieme”, è il mio slogan. Se funziona è una gratificazione incredibile per l’artista e dire grazie al pubblico è sempre poco.

S: com’è cambiato il rapporto con i fan? Un po’ li hai visti anche crescere

B: io mi meraviglio sempre, una cosa pazzesca che accadeva quando avevo trent’anni. Il mio stupore è vedere che c’è ancora gente che ti vuole sentire, vedere, toccare. Io ho la mano tutta graffiata perché nei concerti do la mano, voglio il contatto. C’è bisogno del contatto umano. Dare la mano a qualcuno vuol dire essere presenti.

S: oggi sei a Napoli, poi domani Livorno, continua il tuo tour.

B. :sì, in effetti sta per chiudersi “Palco centrale tour” che è stata una esperienza bellissima e un po’ mi dispiace salutarlo.

S: che rapporto hai con Napoli?

B: io non sono un invidioso però ho invidiato sempre gli artisti napoletani perché sono nati a Napoli, nascere qui significa avere sempre un argomento. Se senti parlare un napoletano ti accorgi che lui canta, non parla. Se senti un dialogo tra due fidanzati napoletani è sempre un film. C’è una teatralità impressionante. Amo questo modo di interpretare la passione in maniera lampante, anche nell’incazzatura è sempre bella, da raccontare.  E non dimentichiamo che i più grandi teatranti sono nati a Napoli. Quando incontro un fan napoletano, campano, penso che c’è mai una frase buttata lì, arriva sempre il colpo che mi stupisce e mi fa pensare: “io voglio vivere qui”.

S: “Tridimensionale” è il tuo ultimo singolo con Benny Benassi, c’è anche la penna di tuo figlio Paolo

B: sì ho coinvolto Paolo. Gli ho detto “ti ho fatto crescere, ti ho mantenuto, che fai non aiuti papà?” È un ragazzo in gamba, ha fatto una ricerca dentro, sta facendo un bel percorso, sono molto felice di lui.

S: tornando al tuo percorso, tra le tue tante canzoni c’è “Iris” che per esempio quest’anno compie 25 anni

B: sì, quando vedo ragazzi di 20 anni cantare “Iris” penso che sia una cosa assurda. È il più grande regalo per un artista, perché è lì che penso che sia servito buttar giù quattro accordi, perché alla fine la musica sono quattro accordi. Io sono un autodidatta. Suonavo la batteria da piccolo. Poi ho imparato a suonare il pianoforte e la chitarra da solo, l’ho fatto d’istinto. Sono figlio della generazione che aveva dentro la musica ma anche la fame. Prima di farti ascoltare dovevi fare le file fuori dalle case discografiche e sono contento di aver fatto quelle file, le rifarei.

S: Intanto, abbiamo ascoltato “Sognami”

B: “Sognami” è una canzone spirituale, è un’anima che se ne va e sta consigliando a chi resta di vivere. Se tu resti qui e non ami la vita stai offendendo chi vorrebbe ancora essere qui.

S: torniamo a parlare dalla voglia di fama che arriva dalla fame.

B: io vengo dalla periferia, tutti noi che venivamo dalla periferia, volevamo venire fuori da lì perché pensavamo che fuori fosse più bello. Però io quando penso alla mia vita penso a Rozzano, il quartiere in cui sono cresciuto. I sogni che avevo lì non li ho più ritrovati. La cosa che mi porto dentro di quel posto è lo stupore, ogni cosa che mi succede dico ancora: “caspita non pensavo, mamma mia, cos’è, sono ancora famoso”

S: noi ci salutiamo e ti aspettiamo la prossima volta.

B: grazie, alla prossima

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