Lunedì 10 gennaio, fine delle vacanze di Natale e, dunque, ritorno a scuola per quasi tutti gli studenti, tranne per quelli siciliani e campani. Per quest’ultimi ci saranno tre settimane in Dad, dalle scuole per l’infanzia a quelle medie. Il Presidente Vincenzo De Luca ha ritenuto opportuno chiudere gli istituti per far raffreddare i contagi ma il suo provvedimento si scontra con la decisone del governo di non chiudere le aule, nonostante tutto. A Radio Kiss Kiss Italia ne abbiamo parlato con il Prof. Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione Nazionale dei Presidi
Ida: Prof. Giannelli buongiorno
Giannelli: buongiorno a lei e a tutti i radioascoltatori
I: comincia un nuovo anno e per la scuola si parte tra mille polemiche
G: e purtroppo sì, la scuola è spesso terreno di scontro politico e quindi è inevitabile che ci siano polemiche e discussioni a volte anche eccessive. In ogni caso, sicuramente qualche difficoltà c’è perché con i numeri della pandemia in crescita è evidente che la scuola ne risente. La nostra stima per il numero di dipendenti assenti per oggi è circa il 10% del totale, quindi circa 100 mila, naturalmente è una stima molto approssimativa perché bisognerà verificare tutti i dati. Avremo, dunque, sicuramente qualche difficoltà a reperire tutti i supplenti che servono, specie al Nord dove mancano docenti soprattutto in materie scientifiche e tecniche
I: avete avuto varie riunioni con il Ministro Bianchi, come mai non si è arrivati ad una mediazione?
G: questa è una posizione politica di tutto il governo e direi in particolare del Presidente del Consiglio Mario Draghi. Chiaramente il Ministro dell’Istruzione segue le politiche del governo, questa è stata una decisione collegiale per cui immagino che lui non possa che attenersi a queste scelte. A livello governativo, la decisione è stata dettata essenzialmente da esigenze di natura economica che, ovviamente, non sono disconoscibili. E’ chiaro che il Paese ha bisogno di riprendere l’economia, di risalire con i livelli economici al periodo pre pandemia. Questo significa che le famiglie, i genitori devono andare a lavorare e per molti significa che la scuola deve poter aprire per “badare” ai loro figli. Questa è, quindi, una motivazione molto forte e molto presente nelle scelte governative. Sicuramente ce n’è un’altra di immagine, nel momento in cui tutti i settori della vita collettiva e sociale sono aperti, nel momento in cui si può andare al cinema, al ristorante, al bar e in discoteca, è giusto che ci si chieda perché le scuole non devono stare aperte. Questo, quindi, su un versante. Sull’altro versante quello che abbiamo chiesto noi come ANP è stato, in realtà, non di non aprire ma di aspettare due o tre settimane per far sì che si potessero mettere a punto meglio alcune difese contro la pandemia, in primo luogo l’innalzamento della percentuale degli alunni vaccinati perché non dobbiamo dimenticare che soprattutto nella fascia 5-11 anni, in questo momento molto bersagliata dal virus, la percentuale di vaccinazione è oggettivamente bassa. È da poco tempo che si possono vaccinare i bambini di quell’età. Le altre due richieste che noi facevamo erano mascherine FFp2 a tutti perché sono più contenitive rispetto a quelle chirurgiche e infine di predisporre una rete territoriale di effettuazione tamponi che fosse in grado effettivamente di reggere il ritmo necessario che è imposto dal protocollo della gestione delle quarantene a scuola. Come sappiamo bene, le Asl non sono state in grado di farlo, troppi tamponi richiesti con troppa tempestività. Ora si parla anche delle farmacie che, purtroppo, sono afflitte da code lunghissime e molto spesso si viene rinviati anche di qualche giorno per un antigenico. Insomma erano queste le condizioni generali che, secondo me, motivavano un differimento di un ritorno in presenza di due o tre settimane. Il governo ha scelto diversamente, vedremo adesso cosa succede.
I: due/tre settimane di tempo per organizzarsi meglio, come diceva lei, è il tempo che si è preso il governatore De Luca. Detto fatto. Cosa ne pensa?
G: il problema è che i Presidenti della regioni, per quello che mi risulta, attualmente non possono decidere in tal senso perché le norme in vigore in questo momento sono state modificate rispetto ad un anno fa. Per chiudere serve che l’area geografica sia di colore rosso e non mi sembra che la Campania sia così. Credo che su questo si incentrino molte polemiche
I: intanto oggi gli studenti delle scuole superiori scenderanno in piazza per chiedere tra le varie cose più sicurezza sui mezzi pubblici che non sono stati incrementati, sul wi-fi non migliorato nelle scuole. Cosa vuole dire a questi ragazzi?
G: innanzitutto nelle scuole si è fatto di tutto e di più per agevolare le lezioni e la frequenza degli studenti anche a distanza, se necessario. Per quanto riguarda il wi-fi, bisogna distinguere varie componenti. Un conto è quello che si fa a scuola, le reti a scuola sono funzionali. Il vero problema, semmai, sono le infrastrutture per cui non tutti gli studenti hanno una buona connessione a casa, sicuramente non tutti ce l’hanno su linea fissa ed è proprio in questo ultimo caso che servirebbe una rete dati cellulare abbastanza veloce per accogliere trasmissioni della Dad laddove questo fosse necessario. E questo non è stato fatto dappertutto né abbiamo dati ufficiali su questo. Per quanto riguarda il nodo trasporti, purtroppo noi denunciamo da quasi due anni l’insufficienza dei trasporti e il fatto che non siano stati potenziati adeguatamente. E’ un fatto che le nostre regioni e le nostre province non siano riuscite a mettere in sicurezza il sistema del trasporto pubblico locale e questa è sicuramente una grave pecca per il nostro Paese.
I: Prof. Giannelli, grazie di aver viaggiato con noi. Buona giornata e buon lavoro
G: grazie a voi e in bocca al lupo a tutti gli studenti.