E capovolta e inclusività, Massimo Arcangeli a KKI:”Lo SCHWA è una soluzione di comodo radical chic”

E capovolta o 3 lungo: sono due simboli che cominciano ad essere sempre più presenti alla fine di parole che non si vuole siano legati al femminile o maschile. Recentemente la SCHWA ( così si pronuncia la e capovolta) è comparsa anche in un documento ufficiale facendo arrabbiare intellettuali e linguisti che hanno subito lanciato una petizione su Change.org chiedendo l’abolizione di questo simbolo. A Radio Kiss Kiss Italia ne abbiamo parlato con Massimo Antonelli, linguista e docente di linguistica a Cagliari, promotore di questa iniziativa.

Ida: Prof. Arcangeli buongiorno

Arcangeli: buongiorno!

I: cominciamo dal suono, si pronuncia SCHWA ?

A: sì, è un termine tecnico della linguistica e della glottologia usato per indicare una vocale indistinta, neutra e da lì è diventato un simbolo che oggi vediamo applicato, invece, in un altro contesto.

I: perché la vediamo sempre più spesso?

A: coì come già in altri Paesi, si cerca di introdurre nuovi simboli che possano garantire l’identità di genere non binaria quindi  non maschile e non femminile e che possa essere questo simbolo un mezzo per poterla rappresentare. E fin qui tutto bene. il problema qual è? E’ che questi simboli cominciano a comparire anche in testi della Repubblica Italiana in verbali redatti da una Commissione per l’abilitazione nazionale alla professione di professore universitario di prima e seconda fascia. E questo per noi è inaccettabile

I: per quale motivo?

A: sono tanti i motivi. Intanto faccio una premessa, a maggio del 2021 il ministro dell’istruzione francese ha inviato una circolare ai direttori amministrativi centrali, ai provveditori agli studi e personale ministeriale perché nell’incoraggiare forme auspicabili di scrittura inclusiva come il femminile di professioni e mestieri ne vietava altre. Le vietava perché erano colpevoli di rendere più difficoltosa la lettura di documenti rivolti al grande pubblico. Il problema fondamentale è questo perché se io dissemino un documento pubblico di segni che rischiano di rendere incomprensibile quello che i cittadini hanno il diritto di leggere e interpretare  correttamente, questo nuoce alla distribuzione, alla diffusione di una lingua che è di tutti, che è patrimonio nazionale. Quindi non siamo soli, i francesi se ne sono già accorti e si sono mossi. Sulla falsariga di quell’intervento, che in realtà non è l’unico, abbiamo deciso di lanciare questa petizione

I: ma alla fine, che suono avrebbero le parole con la e capovolta?

A: intanto diciamo che sono due i simboli adoperati  in quei verbali: uno è lo SCHWA semplice, l’altro è lo SCHWA che si definisce lungo che è a forma di un piccolo 3 e che viene usato per il plurale. Quello semplice si legge come una specie di vocale a mezzo che ci ricorda un po’ l’Abruzzo, un po’ il Lazio meridionale, un po’ il calabrese dell’area di Cosenza. E’ una vocale che si colloca rigorosamente in posizione finale e quindi l’effetto che si ha è quello dio un suono che non si sente correttamente, suona evanescente. L’aspetto più incredibile è che non bastava nemmeno questo suono applicato alle parole al singolare ma si è voluto introdurre un secondo simbolo a forma di un piccolo 3 che è un po’ più aperto dell’altro e un po’ più lungo come se noi intendessimo il plurale che allunga il singolare. Questi sono gli effetti devastanti. La cosa ancora più grave è che questi usi stano rischiando di mandare in malora decine se non centinaia di professioni e di mestieri perché se io devo usare lo SCHWA per definire una persona che non è né un autore né un’autrice, cancello sia l’autore  sia l’autrice. Molti di questi femminili si sono consolidati in secoli e secoli di elaborazione linguistica e culturale. Rischiamo di perdere anche questo

I: il tema dell’inclusività è un punto importante. L’uso di questi simboli non rischia di diventare solo una soluzione di comodo?

A: sì, una soluzione di comodo radical chic che non risolve, che pretende di sostituire usi di questo tipo alla lingua di un’intera comunità nazionale, che rischia di far danni perché pensiamo a chi soffre di dislessia e a quanto diventi ancora più difficile il compito a chi deve insegnare a studenti e studentesse che hanno queste difficoltà. Dunque non risolve, è semplicemente frutto di una deriva del solito politicamente corretto. Tra l’altro se leggo i documenti pieni di questi simboli, mi rendo conto che sono usati anche a casaccio. Anche chi lo ha applicato, lo ha fatto malamente. E questo è ancora più grave  

I: Prof. Arcangeli, grazie di aver viaggiato con noi!

A: grazie a voi!

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