Il Made in Italy festeggia 70 anni. Riconosciuti in tutto il mondo, lo stile, l’artigianalità e il know how apparvero per la prima volta sulla scena internazionale il 12 febbraio 1951 quando a Villa Torrigiani a Firenze, fu organizzata la prima sfilata di moda italiana. A promuoverla fu Giovanni Battista Giorgini, un imprenditore lungimirante che riconobbe da subito l’enorme potenziale della creatività del Belpaese. A Radio Kiss Kiss Italia ne abbiamo parlato con Stefano Dominella, Presidente del gruppo Gattinoni e Presidente del settore tessile di Unindustria
Ida: Stefano buongiorno e grazie di essere con noi
Dominella: buongiorno a tutti, ciao Ida. Come dicevi tu, quel giorno glorioso nacque il Made in Italy perché dopo le prime sfilate d’alta moda a Roma tra la fine degli anni ’40 e inizio anni ’50 – allora già si parlava del Piano Marshall che incentivava, tra le altre cose, proprio la moda – Giovanni Battista Giorgini che era un agente di buyers, soprattutto americani, organizzò una sfilata nella sua villa a Fiesole con dieci/quindici maisons di allora. C’erano tra gli altri le Sorelle Fontana, Emilio Pucci e ognuno presentava proprio quella che era l’antesignana del pret a porter, un pret couture che alcuni buyers americani, invitati da Giorgini, vennero a vedere e ne furono entusiasti e scoprirono che anche in Italia, oltre che a Parigi, stava nascendo una nuova moda moderna fatta con i migliori tessuti. Prima degli abiti e della moda, noi eravamo già produttori di tessuti sia a Como con le sete che a Biella con le lane pregiate.
I: che meraviglia! Ho dato uno sguardo alle foto d’archivio, foto che raccontano di quella serata così bella. Si respira un’atmosfera unica, c’è la prima mondanità del dopoguerra, si vedono le facce incantate di fronte all’alta moda e all’artigianalità che sfila
D: certo, sorprese quasi davanti alla creatività e all’altissima artigianalità di quello che vedevano. Erano abiti fantastici, abiti che non sono mai passati di moda perché anche oggi gli stilisti del Made in Italy si riferiscono molto spesso a quei favolosi anni ’50, quando la femminilità e le grandi astuzie sartoriali erano alla base della creatività e del gusto.
I: intanto 70 anni di Made in Italy, qual è lo stato di salute oggi?
D: oggi il Made in Italy sta soffrendo moltissimo come tutti gli altri settori legati soprattutto all’internazionalizzazione. Anche qui da noi in Italia rappresenta un 7/8% degli acquisti di quei 100 miliardi che fattura il Made in Italy ed è la seconda voce attiva della nostra esportazione. Sta vivendo, dunque, un momento di grande grande sofferenza soprattutto le 300 mila piccole e micro aziende artigianali che sono la forza di quel Made in Italy. Fin quando il mondo non si rimetterà in moto purtroppo dovremo penare parecchio.
I: poco fa hai citato il Piano Marshall, il Recovery Plan prevede investimenti per questo settore importantissimo?
D: in Italia siamo diventati tutti un po’ stilisti e visto che sappiamo abbinare il bianco con il blu e il rosso, portiamo dei grandi occhiali, siamo pieni di accessori pensiamo di essere tutti degli stilisti. Per la moda, però, si fa troppo poco, se ne parla troppo poco ed è sempre considerato un settore un po’ futile. Questo grazie anche ad un’immagine e ad una comunicazione che le case di moda molto spesso sbagliano unendo la moda calciatori e veline. Tutto si minimizza mentre la moda è qualcosa d’importante legata soprattutto all’arte ed è la fotografia del nostro tempo.
I: e infatti, lo dicevamo prima. La moda è incontro tra stile, artigianalità e know how tipicamente italiano. E a proposito del know how, la cosa importante di cui parlava anche Giorgini all’epoca e erano parole profetiche, è che bisogna pensare ai giovani. In che modo i giovani sono inseriti nel discorso dell’alta moda e, soprattutto, interessati a portare avanti il Made in Italy?
D: l’Italia ha il maggior numero di scuole di stilismo d’Europa. Vi dico solo questo. Ogni anno, in Italia, si diplomano oltre 100 mila stilisti e modellisti quindi la voglia dei giovani di approcciare a questo settore è tantissima. Purtroppo ci sono delle leggi che regolamentano, a mio avviso, malamente l’introduzione dei giovani all’interno delle aziende e degli uffici. Bisognerebbe ripianificare tutto questo, dare maggiori opportunità, far decollare delle start up che siano propulsive per la nascita di nuove piccole aziende. Insegno alla Sapienza e quindi ho un contatto diretto e quasi quotidiano con i giovani. E’ difficilissimo per loro, a parte in questo momento in cui tutto è fermo ma comunque lo è. Mi auguro che il Recovery Plan riesca a dare degli aiuti e accenda una luce su questo settore
I: intanto sono delle richieste che giriamo al nascente governo Draghi
D: tra l’altro Draghi è un uomo elegante, so che è un uomo che ci tiene molto all’abbigliamento e che ha anche lui una sensibilità per questo settore.
I: settore non futile, come abbiamo detto, ma che rappresenta una delle spine dorsali del nostro Paese.
D: assolutamente sì e bisogna parlarne e far arrivare il messaggio, soprattutto a chi governa.
I: e noi ci impegneremo. Nel frattempo evviva il Made in Italy. 70 anni sono un bel traguardo. Grazie di essere stato con noi e buon lavoro
D: grazie a voi. Buona giornata.