Nostalgia, Mario Martone a KKI:” Quando racconto Napoli è come se la città tirasse fuori il meglio di me”

Dopo il grande successo a Cannes è arrivato al cinema il nuovo film di Mario Martone, Nostalgia. E’ la storia di Felice Lasco che  torna a Napoli dopo aver vissuto molti anni in Egitto per rivedere l’anziana madre che aveva lasciato all’improvviso quando era ancora un ragazzo. Nella sua città si perde tra le pietre delle case e delle chiese del rione Sanità, nelle parole di una lingua che sente estranea, ma che in realtà è la sua. L’uomo sembra rapito da una strana malìa e irrompono in lui i ricordi di una vita lontana trascorsa con Oreste, il migliore amico d’infanzia con il quale condivide un segreto. Quando è evidente che Napoli rappresenta per lui una vita ormai perduta e che dovrebbe tornare al più presto da dove è venuto, viene inchiodato dalla forza invincibile della nostalgia. A Radio Kiss Kiss Italia ne abbiamo parlato con Mario Martone

Ida: buongiorno e benvenuto a bordo

Martone: buongiorno

I: da dove cominciare a raccontare Nostalgia, considerati i tanti spunti di riflessione che vengono fuori dal suo film?

M: è un film molto intimo, molto personale che tutto sommato racconta cose che ognuno può ritrovare perché sono sentimenti profondi: l’amore per la madre, l’amicizia di quando si era ragazzi che viene ricordata dopo molto anni. Certo, nel film tutto questo è complicato da cose che sono successe nel passato. E’ chiaro che siamo nel mondo criminale della Sanità perché il film è anche un thrilling per cui non si può raccontare tutto. Il fatto, però, che ci sia questa tensione non esclude il fatto che il film tocchi sentimenti universali. Credo che questa sia la ragione per cui a Cannes sia stato accolto così e la ragione per cui tanti spettatori stanno andando a vederlo e si commuovono.

I: l’umanità si intuisce già dall’inizio, dalla scena in cui Felice Lasco interpretato da un magnifico Pierfrancesco Favino lava sua mamma. E poi la ricerca dell’amico d’adolescenza con tutto ciò che ne segue. Insomma è un viaggio nell’anima e dell’anima

M: e sono quelle cose misteriose, anche del cinema naturalmente. Intanto c’erano due labirinti, uno è quello della Sanità. A me piaceva moltissimo l’idea di poter girare un film tutto in un quartiere. Nostalgia è ambientato tutto ed esclusivamente nella Sanità

I: possiamo dire che la Sanità è co protagonista

M: assolutamente sì ed è un vero e proprio coro perché non solo c’è la Sanità con le sue strade, i suoi contrasti tra ombre e luci, i suoi giardini meravigliosi, i muri di tufo. Insomma tutto quello che la Sanità rappresenta fisicamente ma poi ci sono le persone della Sanità. Ho deciso di non far ricorso a comparse, ricostruzioni di scene artefatte, avevo bisogno di farle con la verità del quartiere. Ci siamo, quindi, immersi nel quartiere. Pierfrancesco Favino è stato straordinario perché si è saputo abbandonare in modo veramente toccante. C’è Francesco Di Leva che interpreta il personaggio di un sacerdote ispirata alla figura vera di padre Antonio Loffredo e che è il suo Virgilio, quello che lo conduce piano piano in questo quartiere da cui sui era allontanato da ragazzo dove torna dopo quarant’anni. E’ un labirinto vero e proprio. E poi c’è il labirinto della memoria di Felice, quest’uomo che ad un certo punto a quindici anni se ne va, lascia Napoli, lascia la Sanità per ragioni drammatiche e che però farà fortuna, vive al Cairo con una moglie intelligente, evoluta. Questo tocca per certi versi anche il discorso dell’islamismo. Pierfrancesco Favino nel film parla addirittura anche arabo. Non avrebbe nessuna ragione per ritornare ma la sirena della nostalgia diventa fortissima. E poi è anche un atto d’amore per Napoli, certo lo è. Per me Napoli rappresenta qualcosa sì di unico ma quando deciso di raccontarla è come se tirasse fuori la parete migliore di me

I: è anche una sua nostalgia.

M: c’è un rapporto forte. Chi ha visto L’amore molesto in questo film può ritrovare degli aspetti. C’è qualcosa che ha a che fare con il rapporto profondo con la città, con quello che la città può rappresentare. Chi sta a Napoli sa che cosa significa, che cos’è questa malia. Napoli è una città che ci porta davanti a infinite difficoltà, problemi. E’ una città complessa però non c’è niente da fare, c’è qualcosa che chiama, di antico. Pierfrancesco Favino lo dice spesso, è un Ulisse, la nostalgia è il ritorno, è un richiamo che viene da lontano. Sono cose che in tante città si perdono ma a Napoli no, ogni persona che vive a Napoli, di qualunque classe sociale sia e in qualunque età sia, il richiamo vale per tutti

I: intanto c’è da dire che la Sanità che lei racconta non so quanto sia nota agli stessi napoletani. Vediamo queste mura di tufo, vicoli, scale e case addossate l’una sull’altra che ci riporta a città come Il Cairo o Beirut o anche Gerusalemme. E’ un perdersi continuo

M: è appunto il labirinto di cui dicevo prima. Comunque io stesso mica conoscevo la Sanità? Sono napoletano, figuriamoci. Ci sono stato ma è diverso dal conoscere un  quartiere. Non l’ho mai frequentato, ricordo da ragazzo c’era una discoteca che si chiamava KGB o le Catacombe di San Gaudioso che all’epoca erano ancora chiuse e lo sono state fino a pochi anni fa. E poi la Sanità aveva questa fama di essere pericolosa, non era certo un quartiere che si frequentava. Tutto queto ha lasciato anche intatto il fascino di questo luogo così mediterraneo che richiama luoghi come Algeri, Il Cairo, Marrakesh. C’è qualcosa di potente nel richiamo mediterraneo. Anche questo ha a che fare con quella malia di cui parlavo  perché c’è un sud del mondo che ha un’anima grande e che per me, per tanti versi, rappresenta la salvezza per il mondo stesso, nonostante tutte le difficoltà che conosciamo. Guai a perdere l’anima mediterranea, c’è bisogno del suo canto e quando dico canto intendo qualcosa di molto più ampio, il richiamo e l’evocazione di una profondità che nel Mediterraneo conosciamo e Napoli ne è il centro, il cuore e per certi versi la capitale.

I: intanto lei non ha dato una lettura moralistica o sociologica della vita del quartiere, eppure vediamo una stesa ma non è quello il nodo intorno a cui gira la storia. E poi lei ha parlato del Mediterraneo e c’è la scena in cui vediamo Pierfrancesco Favino che si unisce ai ragazzi della parrocchia e il legame avviene grazie ad un pezzo arabo. E lì c’è una fusione di anime quasi spirituale

M: sono molto contento perché quella è la scena che gli spettatori dovranno portare con sé.

I: grazie Martone per le belle emozioni

M: grazie e saluti a voi

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