Sabato 19 marzo al Palapartenope di Napoli ci sarà il concerto tributo Je sto vicino a te 67 dicato alla memoria di Pino Daniele. A sette anni dalla sua scomparsa saliranno sul palco tantissimi amici e musicisti ad omaggiare la sua memoria. Ci saranno anche i Negrita che sono intervenuti ai microfoni di Radio Kiss Kiss Italia.
S: ciao Pau, benvenuto, ti abbiamo accolto con Je so pazzo, una canzone scelta tra le due canzoni (l’altra è Nun me scuccià) che sabato sera al teatro Palapartenope suoneranno i Negrita.
P: Ciao Sara, buon pomeriggio a tutti
S: Pau, com’è questo matrimonio tra il rock dei Negrita e il blues di Pino?
P: è un matrimonio di vecchia durata. Intanto ti dico che sul palco ci saremo noi tre e in aggiunta un pezzo napoletano, il batterista della band residente del Palapartenepe e inoltre al basso l’amico Saturnino (bassista storico di Jovanotti) ; una band composta che omaggerà il grande Pino. Riguardo a questo matrimonio di cui parli… Musicalmente conosco da quando andavo a scuola, i miei amici lo ascoltavano. Io all’inizio non lo ascoltavo perché ascoltavo solo musica italiana come molti ragazzi della mia generazione. Già dal primo ascolto però mi sono innamorato di lui, della sua musica e del suo personaggio.. Il fatto che cantasse addirittura non in italiano, ma in un’altra lingua, il napoletano, mi ha affascinato e così alla fine mi è stato grazie a lui se mi sono convertito alla musica italiana riscoprendo l’incredibile patrimonio di cui disponiamo e addirittura ho fondato una band che canta solo in italiano.
S: Pino ha decisamente segnato il tuo percorso. C’è una canzone in particolare che sin dai primi ascolti ti ha fatto innamorare?
P: Je so pazzo sicuramente. Per il sound che mi faceva impazzire e poi per la frase finale, una vera e propria liberazione che ha fatto innamorare tutti i napoletani e non solo: una frase poco politicamente corretta ma che ha fatto storia nella sua produzione. Adoro tutto Pino, soprattutto la prima parte della sua discografia. Quando ascolta Napul è e penso al fatto che l’abbia scritta a 18 anni trovo incredibile tutta quella sensibilità, quell’atmosfera, quel racconto della città. Già allora avevamo un grande della musica, un artista capace di descrivere la Napoli du quelli che stanno peggio in una maniera sublime. Ha glorificato una Napoli spesso criticata. La sua è poesia allo stato puro.
S: Napoli è una città che celebra e ama dei miti, forse perché come dici tu danno dignità alla città, mi viene in mente nello sport e nella cultura di massa, la figura di Maradona e poi appunto quella di Pino.
P: quando penso a Napoli penso ad un trittico: Maradona, Pino Daniele e il grande Massimo Troisi, la Trnità, tre personaggi che hanno nutrito la fantasia, la cultura di un intero popolo, napoletano e non solo. Domani andrò a mettere bocca in napoletano sopra un loro /nostro idolo, quindi ho un po’ paura. Io amo Napoli e i napoletani. Pensa che prima del ocncerto andrò allo Stadio Maradona a vedere la partita Napoli-Udinese con mia figlia che è fanatica del calcio Napoli. Domani per me è un esame su tutti i fronti con una giuria incredibile ovvero un palasport che è gia sold out .
S: sarà bellissimo ascoltare gli arrangiamenti che proporrete delle canzoni che avete scelto suo repertorio. So che avete il rimpianto di non aver mai suonato con lui. Si dice in giro che Pino disse una volta di dover mettersi a studiare meglio la chitarra perché in giro c’erano ragazzetti che suonavano meglio di lui…
P: sì, lo abbiamo scoperto dopo la sua scomparsa, quindi puoi immaginare quanto ci siamo mangiati le mani. Scoprire che Pino voleva suonare con noi, averlo scoperto dopo, mi ha rattristito due volte. Avrei pagato oro per fare una cosa con lui. DI persona ci siamo incontrati ad un MTV a Genova. Lui faceva il chitarrista di J-Ax e divenne subito amico di Drigo perché tra chitarristi si capiscono, hanno un linguaggio tutto loro. So che tutti i Natali Pino chiamava Drigo per fargli auguri. Non aver collaborato mi fa tristezza, è un’occasione mancata dal momento che si vive una volta sola. Ma siamo anche felici di sapere che avevamo fatto breccia nella sua sensibilità, che ci apprezzasse.
S: le cose vanno viste sempre da più prospettive, da una parte il dispiacere di non aver suonato con lui, dall’altra l’emozione di sapere una cosa del genere. Tornando al memorial, è anche un’occasione per tornare sul placo finalmente.
P: noi abbiamo suonato pochissimo durante i due anni pandemici, poche cose. Per fortuna l’estate scorsa abbiamo fatto 22 date con una bella celebrazione nell’anfiteatro romano della nostra città che è finito poi in una film e in un disco. È stata una cosa bellissima con tanti artisti come ospiti, ci siamo tolti questa bella soddisfazione. Per il resto adesso speriamo in un barlume di luce… però data la situazione non abbiamo in previsione di fare un tour e noto che molti colleghi spostano date di mese in mese perché non ci sono i presupporti per fare un buon lavoro, garantire un servizio pieno. Con tutte queste incertezze non ce la sentiamo ancora di ritornare ai live.
S: intanto sabato vi potremo ascoltare sul palco del Palapartenope. Prima di salutarti volevo approfittare anche per chiederti un’ultima cosa. Domenica è la giornata internazionale della felicità, voi avete una canzone, un vostro grandissimo successo che di chiama proprio Che rumore fa la felicità, sono passati più di dieci anni, più o meno lo avete capito che rumore fa?
P: è una questione soggettiva, ognuno riconosce il rumore della propria felicità. Ampliando il discorso mi viene da pensare che non siano tempi per la ricerca della felicità. Sono tempi pandemici, meno di venti giorni fa è scoppiata una terribile guerra, accadono continuamente terremoti come l’altro giorno in Giappone o vicino Napoli, però se è vero che il mondo deve andare avanti bisogna inseguire la propria felicità anche in periodi plumbei e grigi come questi. Aggrappandoci alla musica e all’amore.
S: Pau, grazie mille ti abbracciamo forte forte
P: ciao grazie, ci becchiamo al Palapartenope