A Napoli, il Giuramento di Ippocrate è stato davvero speciale. I circa 800 giovani medici che vestiranno il camice bianco hanno avuto un testimonial d’eccezione: Carlo Verdone. L’amatissimo attore e regista romano ha partecipato alla cerimonia in programma al Teatro Augusteo. Ne abbiamo parlato proprio con lui
Ida: Carlo Verdone, medico in pectore! Buongiorno
Verdone: buongiorno a voi. Non esagererei, medico in pectore. Sono stato un portafortuna per questi tantissimi laureati che mi hanno accolto con tanto affetto. Li ho incoraggiati per il loro futuro, ho dato soprattutto qualche consiglio da paziente non da medico. E’ stata una mattina davvero molto molto bella ed emozionante
I: intanto questi laureati si avvieranno alla carriera di medico, una professione che in questi ultimi anni è stata un po’ sulle montagne russe?
V: sì, è stata sulle montagne russe. A loro ho detto “ guardate, voi presto indosserete un abito bianco però dietro quell’abito bianco ci deve essere l’uomo, l’umanità, l’ascolto perché il paziente ha bisogno di essere ascoltato, ha bisogno di trovare un amico soprattutto sempre sempre di essere incoraggiato anche quando la diagnosi non è una delle più favorevoli. Un incoraggiamento aiuta il sistema immunitario, aiuta l’umore. Insomma si cura meglio e poi in realtà c’è sempre qualche speranza anche nelle cose più serie. E poi mi sono raccomandato di non diventare come quel medico odioso che ho interpretato in Viaggi di nozze, è stato un medico pessimo.
I: un medico molto irritante, direi. Ma nei tuoi film c’è sempre stato qualcosa che avesse a che fare con la medicina.
V: è presente in tutti gli artisti. Non esiste uno che sta nel campo dell’arte che non abbia un umore un po’ ballerino. E’ normale. Chi ha il completo possesso di se stesso difficilmente è un artista. Gli artisti sono così, c’è poco da fare però si convive con il tempo. Tutto si appiana attraverso la saggezza, questa è la verità
I: “In qualsiasi casa entrerò, io vi andrò come sollievo per i malati” è parte della frase del Giuramento d’Ippocrate. Nel tuo caso non è solo incisa sul riconoscimento che tu hai ricevuto un po’ di anni fa dall’Università Federico II di Napoli….
V: sì, era una laurea honoris causa ma più che altro, secondo me, era un gesto molto affettuoso da parte dell’Università, infatti io l’ho ribattezzata “doloris causa” o “humoris causa”, chiamatela come volete
I: però devo dire che è una frase che racchiude il senso del tuo lavoro. Tu entri nelle case per portare sorrisi, un po’ di leggerezza, spensieratezza. Sei a tutti gli effetti un medico dell’anima
V: beh, sono una specie di medico pure io, lavoro sull’umore e loro lavorano sul corpo. Certamente loro hanno più responsabilità però anche avere un umore più leggero e predisposto al sorriso aiuta tanto soprattutto chi non è molto felice
I: ma avresti voluto fare il medico?
V: avrei voluto ma non posso vedere il sangue, sono impressionabile
I: Carlo, grazie davvero di essere stato con noi
V: grazie a voi, a prestissimo!