Il Financial Times attacca la gastronomia tricolore. Il Prof Grandi a KKI: “Cucina italiana patrimonio Unesco? Puro marketing”

Wheels of Parmigiano Reggiano cheese are pictured in the ripening department of the Casearia Castelli, member of Lactalis Group, at the Caseificio Tricolore in Reggio Emilia, Northern Italy, on April 19, 2023. – The global dairy giant Lactalis, which has remained a family business since it was founded in 1933 in Laval, France, announced on April 20, 2023 that it would have sales of more than 28 billion euros by 2022, dethroning Danone as the leading French food company, and joining the world’s top 10 in the food industry. (Photo by Marco BERTORELLO / AFP) (Photo by MARCO BERTORELLO/AFP via Getty Images)

“Dal Financial Times arriva un attacco surreale ai piatti simbolo della cucina italiana, proprio in occasione dell’annuncio della sua candidatura a patrimonio immateriale dell’umanità all’Unesco”. Commenta così la Coldiretti l’articolo pubblicato dal prestigioso quotidiano economico, un’intervista al Prof. Alberto Grandi che ha lanciato un ”attacco” ad alcuni piatti della tradizione italiana.

A Radio Kiss Kiss Italia ne abbiamo parlato proprio con il docente 

Sara: Prof. Grandi buongiorno e benvenuto. Questo programma si chiama Pausa Pranzo, sono le 13 circa, posso chiederle a che ora mangia di solito? 

Grandi: buongiorno e grazie dell’invito, io mangio presto, sono del nord, di solito pranzo a mezzogiorno e ceno per le 19.30.  

S.: Prof. in questi giorni si è alzato un polverone riguardo la natalità del Parmigiano reggiano e del suo rapporto con il Parmesan mady in Wisconsin, facciamo un po’ di chiarezza. Il parmigiano è un prodotto made in Italy, ma è giusto tracciarne le linee storiche. 

G.: il parmigiano è assolutamente un prodotto italiano, nato a Parma. Ne parla Boccaccio nel Decamerone motivo per cui non c’è assolutamente motivo di mettere in discussione l’origine italiana del prodotto. Bisogna però precisare che il parmigiano che si faceva dalle parti di Parma fino agli anni ’50 e ’60 era quasi completamente diverso dal parmigiano che si fa oggi. Erano forme di 20 kg, nere, molto più grasse e morbide. Quel parmigiano lì, fatto in quella maniera, si trova ancora oggi solo nel Wisconsin; sono stati gli Italiani ad esportarlo negli anni ’20 e lo hanno prodotto lì come si faceva da queste parti 100 anni fa. In America hanno continuato a produrlo in quella maniera, qui in Italia invece è diventato quel prodotto straordinario che ben conosciamo. Il Parmesan è il brutto anatroccolo al contrario. Quando nasce è uguale ai suoi fratelli, poi i suoi fratelli diventano tutti bellissimi e lui rimane brutto. 

S.: non solo parmigiano, anche la carbonara è al centro di un ampio dibattito in questi giorni. È un piatto italiano? A quale tradizione appartiene? 

G.: la carbonara è un grande mistero; il dato di fatto è che fino alla seconda guerra mondiale non esisteva ancora, non vi erano ricette a riguardo, né alcuna traccia. La carbonara è prodotta con ingredienti che portarono i militari americani, ovvero uova in polvere e bacon a cui gli italiani aggiunsero la pasta. C’è da dire che la prima ricetta codificata risale al 1953 a Chicago, quindi in definitiva siamo davanti ad un piatto frutto di una coproduzione italo-americana. 

S.: lei è un grande fan dei piatti italiani, qual è il suo podio? 

G.: il mio podio è formato da Tortelli di zucca di Mantova, poi la carbonara, infine la matriciana. Se dovessi nominare piatti di Napoli direi la pizza e poi la genovese. In Italia dove ti giri ti giri ci sono cose buonissime. Per i dolci, la pastiera napoletana è il mio dolce preferito. 

S.: questo è un anno importante per la cucina italiana candidata a Patrimonio Unesco. Potrebbe diventare patrimonio di tutti. 

G.: io non sono molto d’accordo, non ne capisco il senso, credo che sia per lo più una questione di marketing. 

S. Prof. Grandi, grazie mille

G.: A lei e buona giornata 

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