Jago a KKI: “Condivido on line un gesto antico come quello della scultura, così intercetto l’umanità”

Parte la seconda edizione del progetto “Next Generation”, iniziativa voluta dall’Assessorato ai Giovani ed al Lavoro del Comune di Napoli, che coinvolge giovani influencer che si raccontano all’Assessora Marciani, parlano dei loro desideri, di come immaginano la città del futuro. L’obiettivo è quello di dialogare con cinque modelli positivi del mondo social tra cui lo scultore italiano di fama internazionale, Jago.

Sara: Ciao Jago, tu sei uno dei cinque influencer individuati dal progetto “Next Generation”, benvenuto!

Jago: ciao a tutti e grazie per l’invito.

S. : Jago, tu riesci a parlare ai giovani utilizzando un linguaggio contemporaneo, è un po’ come se facessi un miracolo, ovvero prendere il mondo classico e avvicinarlo ai giovani attraverso le tecnologie. È importante fare questo?

Jago: Il mio è un tentativo. Nel mondo della comunicazione si va avanti a tentativi e si impara dall’interlocutore. Quello che io condivido è perché ho necessità di comprendere esattamente dove sto andando. L’altro è un supporto, non solo un osservatore passivo, ma è parte attiva di un processo. Condividere, quindi “matchare” un gesto antico come quello della scultura con una condivisione on line ti permette di mostrare il dietro le quinte della creazione che è la parte più umana. Tutto questo ti porta anche ad intercettare l’umanità che sta nell’altro.

S. : Non sei un po’ geloso di mostrare il dietro le quinte? Visitando lo Jago museum che si trova nel Rione Sanità, è possibile, per esempio, vedere l’opera finita ma anche ciò che c’è stato prima, il gesso.

J. : Inizialmente c’è un elemento di gelosia dovuto al fatto che magari si può pensare di essere arrivati chissà dove, di possedere la conoscenza, di voler aver riconosciuto un primato rispetto alle cose che si dicono, che si fanno, ma nel momento in cui fai esperienza che l’altro è un valore aggiunto, anzi forse è il protagonista delle tue cose, della tua messinscena, allora tutto questo si annulla.

S: Nella chiesa di Sant’Aspreno ai Crociferi nel rione Sanità di Napoli è esposta parte delle tue opere ed anche il tuo ultimo lavoro, “Narciso”, inaugurato lo scorso 8 dicembre che ha portato oltre duemila visitatori in un solo weekend. Anche qui un altro miracolo: sorprende vedere Narciso, quest’uomo bellissimo, che si specchia e non vede la sua immagine riflessa, ma quella di una donna.

J. : Sì, sai potrei sbilanciarmi sui significati, ma sto imparando a non farlo. Potrei dire le mie motivazioni ma così rinuncio alla possibilità di capire cosa ci vedono gli altri. Ho fatto un’opera che è un’immagine, quello è il mio linguaggio a cui ho dato anche un titolo. Da lì in poi dovrei stare zitto e mettermi in una dimensione di ascolto. La cosa evidente -e anche banale- è che noi non sappiamo mai realmente quello che è l’altro o che l’altro vede, anche quando presumiamo di saperlo perché condividiamo una prospettiva. In realtà non abbiamo la più pallida idea dell’immagine che egli produce nella sua mente o che ha di sé stesso. E io dovrei ricordare questo a me stesso: lasciare all’altro uno spazio miracoloso e meraviglioso di mistero perché mantenere quel mistero nella prospettiva dell’altro vuol dire farsi carico del valore dell’altro.

S. : A proposito del valore dell’altro, qualche giorno fa, in visita nel museo dove sono esposte le tue opere, un bambino ha commentato la scultura “Aiace e Cassandra” dicendo che Aiace voleva un bacio da Cassandra e lei lo ha rifiutato perché non lo ha chiesto nel modo giusto ovvero con gentilezza o magari con un mazzo di fiori.

J. : Questo bambino ha detto una cosa meravigliosamente e drammaticamente vera. Quello che si può vedere di questa contemporaneità, dei gesti che vengono prodotti nei confronti degli interlocutori (uomini, donne, bambini, anziani) è che c’è il fraintendimento totale del valore che si mette nei gesti. Non si capisce più che uno schiaffo non è una carezza, questo è un problema profondamente culturale.

S. : Le tue opere sono importanti anche perché ricordano questo. Stiamo per salutarci, un’ultima domanda, com’è che ti sei innamorato proprio del rione Sanità?

J. : Quando ti innamori è meglio non farti troppe domande perché altrimenti togli poesia. Stai davanti a quel panorama e guardalo senza distrazione alcuna e vedrai che verranno fuori delle cose meravigliose.

S: Jago è stato un vero piacere, grazie per la commozione che le tue opere sprigionano e per il bellissimo lavoro con i ragazzi del Rione Sanità che ti adorano e parlano di te in una maniera incredibile, un abbraccio, a presto J. : grazie a voi e buon lavoro

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