Ci sono vite straordinarie che recano dal principio un inconfondibile segno artistico. Sono romanzi già prima di essere scritti. La vita di Pino Donaggio, antidivo per eccellenza, genio senza sregolatezza, discreto e misurato, musicista completo, violinista, compositore e cantautore allergico ai musicarelli, inguaribile “ultimo romantico”, non assomiglia a nessun’altra. Nato nella Laguna veneziana, a Burano, e cresciuto nei pressi di Rialto, Pino Donaggio coltiva la passione per la musica sin da subito e, dimostrando uno straordinario e precoce talento, entra nel Conservatorio di Venezia. Il suo destino, come lui stesso ammette, era quello di diventare violinista. Da Venezia passa a Milano, si perfeziona, cresce, ma al tempo stesso matura anche l’ambizione di scrivere canzoni. Lo fa e segna un’epoca, emozionando ragazzi e ragazze calcando il palco del Festival di Sanremo dieci volte: da Come sinfonia a Io per amore, passando per i brani più rock’n’roll come Il cane di stoffa e Giovane giovane, fino ad arrivare all’indimenticabile Io che non vivo (senza te), che fa innamorare chi la ascolta e che, cantata da Dusty Springfield ed Elvis Presley, col titolo You Don’t Have to Say You Love Me fa il giro del mondo, vende 80 milioni di copie ed entra nella storia delle canzoni più celebri (e più belle) che siano mai state scritte. A Radio Kiss Kiss Italia ne abbiamo parlato proprio con Pino Donaggio
Alfonso: avevi 19 anni, era il 1961 il tuo debutto a Sanremo e il primo successo commerciale: con “Come sinfonia”, poi tante altre partecipazioni, una targa nel 2015. cosa rappresenta per te il Festival di Sanremo?
Donaggio: rappresenta l’inizio di tutto. Io vengo da una famiglia di musicisti, e sono cresciuto con la musica, ho scritto una canzone “Come sinfonia ” che doveva essere interpretata da Mina, ma dato che Mina aveva già altre due canzoni decise di lasciarmela cantare e così iniziò la mia carriera da cantante. Quindi Sanremo rappresenta l’inizio di tutto. Poi la canzone fu interpretata anche da Mina
A: la tua ultima presenza al Festival è nel 1972 e coincise con il debutto di Gianni Morandi, che sarà in gara quest’anno. Che effetto ti fa?
D: mi fa molto piacere. Gianni all’epoca era già noto e leggere il suo nome così come quello di Massimo Ranieri e Iva Zanicchi mi fa piacere. Vuol dire che la canzone melodica italiana ha ancora successo. Io non mi sognerei mai di tornare a cantare ma sono felice per loro
A: ti piace l’attuale stato della canzone italiana ?
D: a dire il vero credevo che la musica rap durasse meno, circa 3 anni ed invece ha avuto tantissimo successo ed è ancora un genere molto amato. In realtà tre artisti hanno cambiato la musica italiana, sono stati i rivoluzionari della canzone italiana: Modugno, Battisti e Ferro.
A: hai cambiato radicalmente la tua vita nel 1973, dedicandoti alle colonne sonore.
D: sì per caso ho iniziato a scrivere colonne sonore cinematografiche, devo ringraziare Nicholas Roeg che mi scelse per le musiche di ” Venezia…un dicembre rosso shocking. Il regista mi vede su un battello a Venezia all’alba e credeva che io fossi una presenza arrivata dall’al di là, e così dopo questo film iniziò la mia collaborazione con Brian De Palma e poi tanti film soprattutto horror, ma anche tante serie tv, tipo Don Matteo.
A: hai composto anche la colonna sonora di ” Non ci resta che piangere ” e per questo ti ringraziamo
D: sì, un film con il grande Massimo Troisi che si divertiva molto in una scena in cui apriva la porta e partiva la musica, chiudeva la porta e la musica si fermava. Ci divertimmo molto sul set.
A: concludiamo con il tuo grande successo. 1965 – Io che non vivo. Avevi 24 anni quando l’hai scritta, eri innamorato?
D: sì ero fidanzato, mi regalarono un pianoforte nuovo e di getto una sera la scrissi. Però non la segnai subito sul pentagramma, andai a dormire e dissi tra me e me che se l’avessi ricordata il giorno dopo allora l’avrei incisa. La mattina seguente la ricordavo a perfezione a allora dissi ” questa è bella, funziona “. Infatti esistono più di 300 esecuzioni diverse in tutto il Mondo, Rolling Stones l’ha inserita come una delle migliori canzoni di tutti i tempi, l’unica italiana.
A: grazie e buon Sanremo
D: grazie a voi.