Dopo una fortunata serie di romanzi dedicati al terzo tempo, Lidia Ravera ci spiazza assumendo la voce di un ragazzo: onesto fino alla crudeltà, feroce come gli innocenti, capace di intuire lo spirito del tempo e di trovare le parole giuste per evocarlo. E come di consueto Ravera ci fa innanzitutto sorridere, poi riflettere, e infine rabbrividire. Seymour ha quindici anni e ama definirsi un adolescente disturbato. Niente social, non bullizza e non è bullizzato, non ha una squadra da tifare e neppure una ragazza da fotografare. In breve, non esegue nessuna delle figure di danza previste per la sua età. La sua attività principale è spiare l’agitarsi del mondo adulto attorno a lui. La sua passione unica è scrivere, per la precisione scrivere un capolavoro, possibilmente senza diventare uno scrittore come l’ingombrante padre settantenne, Giovanni Sartoris, “vanitoso, egocentrico e fasullo”, autore di successo, marito seriale per un totale di quattro figli spalmati su tre mogli. Tra i due non c’è intesa ma neppure scontro. Quanto alle donne della sua vita, Anna, la prima delle ex mogli di Giovanni, è la preferita di Seymour, anche se potrebbe essere sua nonna. La seconda, l’americana Alison, è la madre biologica, e Seymour non la sopporta. La terza, un’ex tossica di trentanove anni costretta su una sedia a rotelle, è per lui un curioso modello di eterna adolescente. Mentre osserva i suoi adulti di riferimento, Seymour percepisce gli scricchiolii sinistri di un mondo che si va sgretolando, sia nel concreto alternarsi di siccità e tempesta sia nell’astratto degradarsi delle relazioni fra uomini e donne e di uomini e donne con il successo, il mito che ha soppiantato ogni altra credenza o certezza. Quando Giovanni, il vincente per eccellenza, sarà travolto da una tempesta di accuse infamanti, Seymour si troverà a dover giocare una parte da protagonista. Dovrà capire e spiegare, accusare e perdonare. In una parola: crescere. Ma che sapore ha l’umana avventura del diventare grandi in questo mondo minacciato e stanco? Che cosa si può lasciare a chi verrà dopo di noi?
Lidia Ravera 1951 Torino Della sua infanzia è la stessa autrice a parlare nel suo sito: «A sette anni, alla scuola elementare Manzoni, registro il mio primo successo letterario. La maestra appende il “pensierino” alla parete, in corridoio. Le bambine delle altre classi vanno a leggerlo». Dopo gli studi, compiuti al liceo classico Vincenzo Gioberti, raggiunge la notorietà nel 1976 con il romanzo Porci con le ali, scritto a quattro mani insieme a Marco Lombardo Radice (con lo pseudonimo di “Antonia”). Il libro tratta della storia d’amore tra due adolescenti, attraverso la quale gli autori tracciano un affresco sulla vita dei “fratelli minori” della generazione del sessantotto. «Due milioni e mezzo di copie vendute in 30 anni. Traduzioni estere, polemiche a non finire, etichette….