Dopo il grande successo della passata stagione, da giovedì 13 gennaio, torna su Rai1 in prima serata, “Doc – Nelle tue mani”, la fiction tratta da una storia vera, quella di Pierdante Piccioni. Torna, dunque, il dottor Andrea Fanti, primario del reparto di Medicina Interna del Policlinico Ambrosiano, al quale un colpo di pistola ha cancellato dodici anni di memoria. Nella prima stagione, gli spettatori lol hanno visto riscoprire la bellezza del lavoro in corsia. Doc ha trovato nel reparto la sua nuova famiglia e un nuovo equilibrio di vita. Ed è qui che lo ritrovano i telespettatori all’inizio della nuova stagione, ignaro come tutti, del genere di tempesta sta per arrivare: la peggior pandemia degli ultimi cento anni, la prima nella storia di estensione globale, con Milano come epicentro mondiale. Doc e i suoi colleghi, come tutti i medici italiani, affronteranno l’emergenza Covid. A Radio Kiss Kiss Italia ne abbia o parlato con Luca Argentero
Ida: Buongiorno Luca
Argentero: buongiorno a voi
I: con la colonna sonora di Doc ti abbiamo portato subito nelle corsie del Policlinico Ambrosiano dove lavora il tuo Dott. Fanti
A: ammetto che ormai questa musichetta fa lo stesso effetto su di me come credo sugli ascoltatori. Per la prima volta ero a casa ad aspettare di guardarmi con grande passione. Nonostante lo avessi fatto, volevo vedere quello che succedeva. E’ sempre stato il mio termometro di quanto fossi soddisfatto per quanto avevamo fatto
I: la prima serie è arrivata in un momento molto delicato, la seconda tocca temi di stringente attualità. Ti aspettavi tutto questo successo?
A: ma nessuno di noi se lo aspettava. La cosa stupefacente non è stato l’affetto ricevuto ma anche il fatto che una serie medica all’italiana sia andata in giro per mezzo mondo, è stata venduta in tantissimi paesi. E questo è ulteriore motivo d’orgoglio perché alla fine le cose le sappiamo fare bene e non soltanto magari parlando di malavita o argomenti simili. Quindi è stata una grande emozione. In realtà siamo molto emozionati perché come sai la seconda stagione è sempre un banco di prova, è più difficile della prima che rappresenta una novità, una grande storia. Doc è una storia vera, quella del Dott. Piccioni. È un fatto realmente accaduto per cui c’è un traino emotivo particolare. Oggi dobbiamo riuscire a portare le persone all’interno della nostra storia in un altro modo. E’ ovvio che il Covid è di attualità, la nostra è una serie contemporanea quindi non potevamo non raccontarlo però sarebbe stato molto complesso raccontare questi ultimi due anni. I nostri sceneggiatori sono stati bravi nel provare a immaginare invece questa nuova normalità che stiamo lentamente riscostruendo. Vediamo il Covid in puntate in cui entriamo nel cuore dell’emergenza e anche il Policlinico Ambrosiano subirà delle conseguenze ovviamente.
I: ho guardato la prima puntata e sono entrata subito nell’atmosfera con il primo caso Covid. Mi è venuta voglia di abbracciarvi e di abbracciare tutti i medici. Forse in questi due anni abbiamo un po’ dimenticato il loro lavoro
A: secondo me è impossibile dimenticare forse perché in questi ultimi due anni ho vissuto la mia vita indossando un camice e ho praticamente parlato solo con medici o addetti ai lavori. Se, in qualche modo, possiamo aver contribuito un po’ a mantenere un faro acceso sull’eroismo di queste persone, ne sono molto felice. La cosa che mi rende ancora più felice, dopo la prima stagione, è stato ricevere il consenso degli addetti ai lavori. La nostra preoccupazione era di non rappresentarli nel modo giusto, di sminuire la portata e l’importanza del loro lavoro. Quando ci siamo resi conto che la categoria si è sentita ben dipinta sicuramente abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Hai ragione tu nel dire non dimentichiamoci che stiamo ancora vivendo l’emergenza. Negli ospedali ci sono ancora persone che indossano dispositivi di sicurezza per sedici ore al giorno, che le terapie intensive non sono ancora vuote quindi bisogna continuare quanto meno a fare la nostra parte
I: esatto e soprattutto bisogna bene a quello che si dice in questo momento visto che siamo nel pieno di questa ondata. Intanto c’è tanta umanità, il dott. Fanti è la quintessenza dell’empatia e di come si stabilisce un buon rapporto in una squadra, sa fare team ed è forse quello che ci vuole in questo momento
A: l’unica salvezza arriva dal gruppo, dalla squadra che si tratti della famiglia o del gruppo di lavoro. E’ difficile immaginare di uscire dai momenti più critici da soli. D’altronde nessuno si salva da solo e mai come questa volta vale anche per noi come collettivo, come società. Mai come questa volta è importante, è difficile immaginare di uscire da questa situazione senza fare gruppo. Le circostanza ci hanno portato ad essere tutti più distanti, più divisi, ad aver paura l’uno dell’altro. La sfida di Doc è quella di avvicinarsi alle persone, di guardarle negli occhi, di capire davvero con chi sta parlando per provare a curarlo e in qualche modo è quello che dovremo riuscire a fare anche con un nostro caro, un vicino di casa, un parente, con una persona che banalmente incontriamo nel corso della nostra giornata e che ha bisogno di una mano. Forse è questo il motivo per cui le persone si sono affezionate un po’ a Doc. Ho ricevuto tanti messaggi in cui mi scrivevano “ se dovessi aver bisogno, vorrei un medico come Doc” e non per una questione estetica ma di empatia. Avere la sensazione che ci sia accanto a te chi vuole davvero prendersi cura di te
I: e ora più che mai, Luca. Ma intanto altro che Doc, sei in versione papà. Sento che sei con tua figlia Nina Speranza
A: sì, questa mattina siamo io e lei e stavamo sparando palle di acqua da un camion di pompieri. Mi ero distratta e mi ha subito richiamato all’ordine
I: siamo entrati a casa tua mentre fai il papà..
A: se fosse per me, farei solo questo
I: allora, domani sera su Rai 1 nuova stagione di Doc. cosa ti aspetti?
A: è molto difficile. Io lo so che i numeri contano però ammetto che non me ne importa più di tanto proprio perché i numeri della prima stagione sono stati straordinari. Io sono molto soddisfatto del lavoro che abbiamo fatto quest’anno e quindi anche forse il punto in meno o in più, francamente mi interessa poco. Spero solo che le persone si divertano almeno quanto si sono divertite nella prima stagione. Il nostro obiettivo di quest’anno è stato riportarli all’interno del Policlinico Ambrosiano, farli emozionare, farli sorridere con noi, farli piangere con noi. Ammetto che una buona scorta di fazzoletti io la terrei accanto al telecomando
I: luca Argentero ha viaggiato a bordo del Treno delle 8. Ti restituiamo alla tua piccola che ti reclama. In bocca al lupo
A: ma grazie a voi!