La Sposa su Rai 1, Antonella Prisco:”Il razzismo di allora oggi è latente ed è frutto dell’ignoranza”

Nuovo grande successo per la fiction di Rai 1. A portare a casa un ottimo risultato di pubblico e di share, questa volta, è La sposa. In tre puntate, questa nuova produzione è ambientata nel 1967 e racconta la storia di una ragazza calabrese e dl suo “matrimonio per procura”. Accanto a Serena Rossi ( Maria), c’è la bravissima Antonella Prisco ( Mariella in Un Posto al Sole)  che interpreta Nunzia. A Radio Kiss Kiss Italia ne parliamo proprio con lei

Ida: buongiorno!

Prisco: buongiorno a voi! Ciao Ida

I: come stai?

P: adesso sono in brodo di giuggiole, sono felicissima perché abbiamo avuto ascolti assurdi. La gente che mi ha scritto mi ha detto di essersi già affezionata ai nostri personaggi, alla storia e sono tutti curiosissimi di vedere come va a finire

I: parliamo del tuo personaggio. Nunzia ha ironia e dolcezza e cerca di aiutare Maria. Chi è esattamente Nunzia?

P: mi sono innamorata subito di questo personaggio, innanzitutto del progetto e della storia poco raccontata. Già questo mi incuriosiva tantissimo. Poi riuscire a mettere le mani su una personalità che ha vissuto sulla propria pelle questa tragedia, io lo chiamo sacrificio estremo. Ricordiamoci che se le donne lo facevano era per salvare la loro famiglia e per questo erano pronte al sacrificio. C’è una battuta di Giorgio Marchesi (Italo) a Maria “ Ma tu che donna sei per accettare tutto questo?”. Questo fa capire quanto l’uomo non fosse consapevole di quanto la donna fosse disposta a sacrificare sé stessa per amore della sua famiglia. Nunzia ha già vissuto il matrimonio per procura quindi diventa un punto di riferimento per Maria e l’aiuterà. Il regista Campiotti voleva proprio questo: nella drammaticità di questo personaggio riuscire a trovare la sua inconsapevolezza e quindi ironia tra virgolette. Lei cerca sempre di far sorridere Maria come nella scena del mercato in cui era vittima di razzismo, quello che subivano queste donne del sud.

I: a tal proposito, ci sono due Italie. Cosa è cambiato da allora?

P: noi siamo figli della nostra storia. C’è un razzismo latente frutto di ignoranza. Nelle famiglie non viene affrontato il tema dell’uguaglianza. Noi siamo ancora tutti spezzettati. Ci sentiamo campani più che italiani, napoletani più che beneventani. C’è una suddivisione estrema quindi a volte mi chiedo: volevamo sentirci europei? Ancora non ci sentiamo totalmente italiani. Noi mettiamo la nostra napoletanità davanti all’italianità. Se persistono queste cose è soltanto perché ancora siamo ancorati al territorio, ci identifichiamo col territorio dove viviamo.

I: come hai fatto ad imparare l’accento calabrese?

P: è stata una bella sfida. Quando ho letto il personaggio me ne sono innamorata ma ho capito anche la portata di Nunzia. Noi abbiamo avuto un coach che ci ha indirizzato. La difficoltà è stata renderlo naturale e non scimmiottare un dialetto. Questa è stata la grande difficoltà, per quanto mi riguarda. Dai riscontri che ho mi sembra di aver affrontato la sfida abbastanza bene. Io amo i dialetti, e quando amo una cosa cerco davvero di farla mia

I: i dialetti sono l’ossatura culturale del nostro Paese

P: i dialetti identificano anche un modo di pensare. Attraverso lo studio o l’analisi di un dialetto si riesce a capire quel popolo come vive. Sul set c’è stata la contrapposizione tra i calabresi e il dialetto veneto. Ci rendevamo conto di questa lentezza del dialetto veneto mentre quello calabrese era più veloce. Identifica, dunque, un modus pensandi

I: Antonello Prisco, grazie di aver viaggiato con noi

P: grazie a voi!

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